Diddygate lawsuit recap: tutte le cause di Sean Combs

Tutte le denunce del Diddygate, dalla prima alla ventisettesima

Diddygate
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Vista la confusione che il caso Diddy ha generato, è il caso di fermarsi un attimo e fare un  po’ d’ordine nella situazione legale di Mr Sean Combs. Dalle cause intentate singolarmente quasi un anno fa da sole donne, a quelle raccolte in blocco da Buzbee e presentate tre giorni fa, relative anche a uomini, facciamo ordine nell’inferno giuridico del magnate.

Le prime tre denunce in assoluto per stupro risalgono allo scorso novembre (una il 16 e due il 23), più una all’inizio di dicembre. Delle quattro, una è stata risolta con un accordo privato -quella di Cassie Ventura. Le altre riguardano Joi Dickerson-Neal, Liza Gardner e un’anonima che, come Gardner, all’epoca dei fatti sarebbe stata minorenne.

#Diddygate Il disturbante video in cui Diddy invita una tredicenne all’after

Il 2 febbraio scoppia il caso, dal momento che non è più una donna, ma un uomo, a denunciare Puff. Si tratta di Rodney Jones aka Lil Rod, produttore, che oltre a citare in giudizio Sean Combs ne racconta vita, morte e miracoli in un dossier di 105 pagine.

Ad aprile si fa avanti Grace O’Marcaigh accusando Diddy di aver favorito il compimento di uno stupro per mano di suo figlio durante una festa su uno yacht.

Un mese più tardi è il turno di Chrystal MCKinney e, solo due giorni dopo, April Lampros. Fino a qui il susseguirsi di denunce è stato seguito con entusiasmo (si fa per dire) dalla stampa, ma una causa risalente a giugno è rimasta in sordina fino a settembre, forse perché ad accusare Diddy questa volta è nuovamente un uomo: Derrick Lee Cardello-Smith.

La decima causa, considerando anche quella contro Christian, arriva a luglio, intentata dall’ex pornostar Adria English. A settembre si parla invece della denuncia di Down Richard, direttamente vittima degli abusi del magnate ma anche testimone delle sue azioni contro Cassie Ventura.

Il dossier depositato da Thalia Graves il 24 settembre contiene un racconto agghiacciante su come Diddy e il suo bodyguard l’avessero legata, drogata e stuprata in uno studio di registrazione.

Ne segue un’altra tre giorni dopo, il 27 settembre. La donna anonima ha raccontato di aver subito abusi per quattro anni e, rimasta incinta, di aver subito pressioni opprimenti per abortire.

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Dopodiché, tra il 14 e il 21 ottobre, arriva la cascata presentata da Tony Buzbee: ben tredici cause civili, relative a otto uomini e cinque donne, una delle quali avrebbe avuto soltanto tredici anni al momento dei fatti.

Il 15 ottobre un’altra persona cita in giudizio Puff senza affidarsi allo studio texano: si tratta di Ashley Parham, sequestrata, picchiata e violentata dal magnate come vendetta per averlo perseguitato con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Tupac.

In totale sono ventisette cause civili, assolutamente autonome (ma in qualche modo non lontane) da quelle penali di traffico di esseri umani, favoreggiamento della prostituzione e racket. Rischia da 15 anni all’ergastolo.