Aveva raccontato la sua fuga in una traccia virale: Tay-K condannato per omicidio

Dopo sette anni Tay-K è stato giudicato colpevole dell’omicidio di Saldivar

Tay-K
Photo Credits: United States Marshals Service

Dopo sette lunghi anni di attesa, è arrivato il verdetto: Taymor McIntyre, meglio conosciuto come Tay-K, è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio di Mark Anthony Saldivar. Il rapper texano è stato però assolto dall’accusa più pesante: omicidio capitale, evitando così la possibilità della pena di morte. Resta comunque una condanna pesante: rischia da 5 a 99 anni di carcere, con l’ipotesi più realistica che il giudice opti per l’estremo superiore della pena.

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Un verdetto che chiude (almeno in parte) una delle storie più controverse del rap americano contemporaneo, iniziata nel 2017 — lo stesso giorno in cui Tay-K fu arrestato e pubblicò The Race, la traccia virale che lo trasformò da fuggitivo a fenomeno mondiale.

The Race non era solo una canzone: era una confessione mascherata da hit, un inno cupo e provocatorio pubblicato il giorno stesso in cui Tay-K veniva catturato dopo tre mesi di latitanza. A soli 17 anni, era già al centro di una narrazione brutale: accusato di aver ucciso un fotografo — Saldivar — per rubargli l’attrezzatura. La fuga, la musica, la viralità: tutto si è mischiato in uno storytelling che ha reso il caso un oggetto di culto e polemica.

La difesa ha sostenuto che non c’erano prove sufficienti, ma la giuria ha deciso diversamente. E a pesare è stata la testimonianza della sua ex ragazza, comparsa in aula e ritenuta cruciale nel definire i dettagli che hanno portato alla condanna. Da quel momento, il destino processuale di Tay-K è sembrato segnato.

Un elemento importante nel processo è che Tay-K era minorenne quando è avvenuto il delitto. Questo potrebbe spingere il giudice a considerare una pena meno severa, anche se le aspettative parlano di ergastolo, vista la gravità dei fatti e l’impatto pubblico del caso.

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Nonostante l’assoluzione per omicidio capitale sia tecnicamente una “vittoria”, l’artista resta dietro le sbarre e difficilmente tornerà libero a breve. L’immaginario che lo ha reso un personaggio mitico — “I was tryna beat a case, but I ain’t beat that case, b**h I did the race”* — oggi si spegne sotto il peso della realtà.