Buzbee non molla, altre due cause contro Diddy: un uomo e una donna

Ormai Diddy è stato citato in giudizio più di 120 volte

Diddy
Photo Credits: Arthur from Westchester County north of NYC, USA, at Arthur@NYCArthur.com

Una notizia sulle nuove denunce di Diddy non si legge certo per desiderio di novità. La narrazione è praticamente sempre la stessa: qualcuno, uomo donna o minore, viene invitato a una festa o a un incontro privato con Puff, beve un drink corretto e quando riprende conoscenza l’abuso è già stato consumato o si sta consumando. La monotonia degli episodi però non li rende di certo meno agghiaccianti, dimostra solo che lo stupratore seriale aveva un suo modus operandi, come ci insegnano le ore passate a guardare true crime.

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Le ultime due cause presentate dal paladino delle vittime di Puff Daddy, Tony Buzbee (l’avvocato texano che ha attivato una linea telefonica apposta per raccoglierle), sono di un uomo e una donna. Cominciamo da lei, l’anonima che negli Stati Uniti si usa chiamare Jane Doe. Jane racconta che nel 2001, quando aveva appena compiuto 18 anni, è stata scortata in un SUV dai bodyguard di Combs, dove ha bevuto un drink alterato, dopodiché il magnate e le sue guardie hanno abusato di lei.

 

La violenza di John Doe, invece, risale a soli due anni fa. John si trovava a una delle famigerate feste di Diddy, ha bevuto la solita bevanda speciale e si è addormentato. Ormai è facile immaginare che cosa Puff gli abbia fatto mentre era incosciente e mentre riacquisiva conoscenza. Naturalmente si tratta di una sola versione dei fatti che andrà verificata in un’aula di tribunale, ma la collezione di denunce fa presumere che almeno qualcosa di vero ci sia in queste storie. Comunque sia, entrambi Jane e John Doe chiedono un risarcimento danni. Sean Combs, dal canto suo, o piuttosto tramite i suoi avvocati, continua a dichiararsi innocente.

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Ma allora, se la storia è sempre più o meno la stessa, perché ogni volta che salta fuori una nuova denuncia a Diddy il mondo vuole sapere di cosa si tratta? Sicuramente c’è in parte il gusto dell’orrido, la ricerca morbosa di particolari disturbanti —e in questo le narrazioni spesso indulgono a sufficienza, che sia per amore della verità o per la notiziabilità delle storie. Però forse c’è anche una parte di lettori che in fondo non si capacita di quanto sia accaduto, a quanto pare, per anni e senza quasi bisogno di nascondere, alle feste di una star a cui, si sa, hanno partecipato molti altri nomi celebri dell’industria discografica e cinematografica. Forse non s vuole accettare fino in fondo che il mondo è come quello di The Boys, dove chi ha il potere (o i superpoteri, nella serie) fondamentalmente può fare ciò che vuole senza curarsi degli altri.