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Billie Eilish è contro tutto il rap

Articolo di Alessandra Testori

17.02.2019

 

Forse qui nel Belpaese non ce ne siamo accorti, ma è dall’inizio del mese che negli States è in corso una disputa feroce tra Billie Eilish e l’hiphop. E cosa c’entra Eilish con l’hiphop? Da quando la scena si interessa alle sue opinioni? Queste domande sono la reazione spontanea e legittima non solo di chi scrive (e immagino di chi legge), ma anche quella che ha avuto su twitter Styles P — uno che con l’hiphop c’entra abbastanza, direi. Il rapper newyorkese sembra essersi offeso personalmente e, con lui, la parte appassionata di hiphop del popolo di internet, per le parole che la cantante di “Bad Guy” ha dedicato al genere musicale in un’intervista per Vogue. Essenzialmente, Eilish ha denunciato l’imponente (a suo dire) mole di menzogne presente nei testi rap:

«There’s a lot of that in rap right now, from people that I know who rap. It’s like, “I got my AK-47, and I’m fuckin’,” and I’m like, what? You don’t have a gun. “And all my bitches…” I’m like, which bitches?».

Negli USA la notizia è risuonata su tutte le testate del settore —XXL ha perfino pubblicato un podcast di mezz’ora sull’argomento—, mentre sui social migliaia di utenti scandalizzati hanno dato voce alla propria indignazione: nessuno si può permettere di affermare che i rapper generalmente mentano. In effetti, l’accusa di inventarsi le cose dette nei testi, soprattutto quando riguardano criminalità o street life, è un topos ricorrente nel modello del dissing, forse la più comune strategia di delegittimazione. Come accade all’interno di numerose subculture, tanto più se di stampo delinquenziale, nell’hiphop (specialmente nel gangsta rap) l’autorevolezza di un individuo deriva anche dalla sua potenzialità offensiva e riproduttiva.

Archetipicamente, detiene il potere l’uomo che più degli altri ha la capacità di procreare e difendere il proprio lignaggio. In pratica, quello che ha le armi e le donne. A differenza dei loro antenati, fortunatamente, i rapper definiscono questo primato non più a colpi di clava —e di solito neanche di pistola, ringraziando il cielo—, ma a parole, cercando di convincere il pubblico e l’avversario di avere l’arsenale migliore senza doverlo necessariamente mostrare. Nonostante questo stia cambiando da quando ci sono i video musicali, possiamo affermare che la credibilità di un rapper si basi ancora principalmente sulle sue parole, su quello che scrive nei testi. Sempre che dica la verità.

È per questo motivo che l’accusa di Eilish è vissuta in modo così drammatico: dire che i testi rap sono totali invenzioni è come dire ai cristiani che la Bibbia è un romanzo mitologico. Tecnicamente non è errato, ma oltre all’ondata di risentimento che può suscitare, una frase simile implica che chi l’ha pronunciata non conosce niente del mondo di cui sta parlando.

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